Dai risultati e gli output del progetto “Selective Collection of the Organic Waste in tourist areas” (SCOW), finanziato nell’ambito del Programma 20017-13 ENPI CBC MED, è possibile una più efficiente esecuzione del progetto ENI CBC MED 2014-20 “Decentralised Composting in Small Towns” (DECOST) in termini di politiche di compostaggio da seguire e procedure da applicare.
Ne parla in un’intervista Francesco Fatone, professore ordinario di ingegneria chimica-ambientale dell’Università Politecnica delle Marche (UNIVPM): “C’è un’importante sinergia tra i due progetti – spiega – L'obiettivo di SCOW era quello di sviluppare modelli di raccolta e recupero del rifiuto organico a basso costo, tecnicamente semplici e di alta qualità, in territori con aree turistiche e attività agricole. Si tratta di un’iniziativa che ha sviluppato un sistema di trattamento sostenibile, innovativo e locale dei rifiuti organici in impianti di compostaggio decentralizzati su piccola scala”.
Con DECOST, invece, cosa accade nel Mediterraneo in tema di gestione dei rifiuti?
“Partner provenienti da 6 diversi paesi, 3 dell’Europa mediterranea (Spagna, Italia e Grecia) e 3 del sud-est (Palestina, Giordania e Israele) collaborano nella definizione, sviluppo e implementazione di un nuovo sistema di gestione e valorizzazione decentralizzata del rifiuto organico. Uno dei principali obiettivi del progetto è quello di applicare un processo integrato di pianificazione degli spazi per incrementare la coesione economica, sociale e territoriale e ridurre le pressioni sull'ambiente, promuovendo l'impegno della società civile, degli ambienti di ricerca, delle comunità locali ed altre parti interessate nel processo di governance a tutti i livelli”.
Processi di co-creazione e citizen engagement sono al centro delle attività DECOST. In che termini?
“Fondamentale è il coinvolgimento della comunità che prende parte direttamente alle fasi di trattamento del rifiuto. In questo modo si incrementa la consapevolezza dei cittadini anche in relazione ai benefici che il corretto trattamento del rifiuto può produrre; il compost prodotto, infatti, verrà ridistribuito tra i cittadini che hanno preso parte al progetto o, comunque, riutilizzato all’interno del territorio target in progetti di agricoltura urbana. In relazione a questo, DECOST consente anche di creare nuovi posti di lavoro ecologici e di formare il personale delle pubbliche amministrazioni”.
Dunque, i cittadini che vivono nei comuni in cui hanno sede i siti pilota sono contemporaneamente produttori del rifiuto organico, responsabili della sua valorizzazione e utilizzatori finali del compost prodotto. Un esempio che può essere riproposto in diversi contesti?
“Certo, la comunicazione esperta e competente con la popolazione e il suo diretto coinvolgimento sono un aspetto centrale, al fine di individuare la strategia migliore per garantire il successo del progetto, sia in termini ambientali che di soddisfazione dei soggetti che ne prendono parte. Questa co-creazione diventa una chiave importante in tutte quelle realtà dove la realizzazione di nuovi impianti di trattamento o sistemi di gestione del rifiuto incontra eventuali opposizioni, nel caso in cui la popolazione non sia coinvolta nei processi decisionali secondo metodi e strumenti di condivisione”.
In Italia, i beneficiari finali sono localizzati in Basilicata, dove si realizzerà il sito pilota per il trattamento del rifiuto organico, da cui trarranno vantaggi i cittadini del Comune di Atella e del quartiere Macchia Romana, nella città di Potenza. Perché proprio questi territori?
“DECOST consente di sviluppare un nuovo sistema di gestione del rifiuto organico adattabile in contesti in cui il raggiungimento di impianti centralizzati di trattamento risulta di difficile applicazione. Tale situazione può verificarsi per diverse motivazioni legate all’ancora insufficiente estensione della rete impiantistica per il trattamento della frazione organica del rifiuto, ma anche a condizioni specifiche del sito, come la presenza di comuni di piccole dimensioni in posizioni più o meno isolate. In questo panorama, la Basilicata è una delle regioni che può usufruire di tali benefici, in quanto in tutto il territorio regionale non sono ancora presenti impianti di compostaggio e/o digestione anaerobica del rifiuto organico”.
Il progetto prevede di realizzare “siti di compostaggio di comunità”. Cosa si intende?
“Siti in cui il cittadino conferisce direttamente il rifiuto presso il sito di trattamento; a questo si aggiungono soluzioni di compostaggio “di prossimità” in cui è presente un sistema di raccolta e trasporto del rifiuto ad un sito di trattamento che si trova vicino al bacino stesso di raccolta. In questo modo si riducono notevolmente, fino ad annullarsi nel caso del compostaggio di comunità, i costi sia economici che ambientali legati alla raccolta e al trasporto. Questo può tradursi in una riduzione della tariffa sui rifiuti a carico dei cittadini. Non meno importante è l’incremento e l’incentivazione che tale progetto porta in termini di raccolta differenziata, che deve essere estesa e resa efficiente in tutto il bacino coinvolto nella realizzazione del caso pilota. Tale aspetto è importante in quanto uno dei due comuni italiani in cui si prevede di realizzare tale soluzione è quello di Atella dove, al momento, la raccolta differenziata (seppur presente) non comprende la frazione organica del rifiuto”.
Anche l’Università della Basilicata (UNIBAS) è coinvolta nell’applicazione del progetto DECOST. Intanto, sul territorio nazionale, di rilievo si presenta il contributo dei due partner italiani: l’Università Politecnica delle Marche – polo didattico scientifico di eccellenza legato al territorio e con forte vocazione internazionale – e l’Ente di Governo per i Rifiuti e le Risorse Idriche della Basilicata (EGRIB).
Scheda sintetica in lingua italiana sul progetto DECOST..