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Continua senza sosta il lavoro di monitoraggio scientifico dei rifiuti marini nel Mediterraneo. Intervista ai ricercatori Cristina Panti e Matteo Baini dell'Università di Siena (Dipartimento Scienze fisiche, della Terra e dell'ambiente), partner del progetto “COastal Management and MOnitoring Network for tackling marine litter in Mediterranean sea” (COMMON).

Su quali spiagge e territori siete già intervenuti per il miglioramento delle prestazioni ambientali, secondo la mission dell’iniziativa ENI CBC MED?
Il progetto si concentra su 5 aree di studio in tre paesi mediterranei: insieme a Libano (Tyre Coast Nature Reserve) e Tunisia (Monastir, Kuriat Island), anche l’Italia è coinvolta dalle nostre attività di ricerca scientifica e monitoraggio; ad oggi abbiamo raggiunto 3 spiagge nel Salento (in Puglia) ed altre 3 nella Maremma Toscana. In quest’ultimo caso, le zone oggetto di indagine sono da considerare da Nord verso Sud: Scarlino, Principina a Mare (all’interno del Parco Regionale della Maremma) e Feniglia”.

Quanto è importante l’approccio integrato e multi-stakeholder di ogni azione?
È fondamentale, per comprendere meglio i diversi impatti del marine litter nelle aree costiere, poiché solamente mettendo assieme le informazioni provenienti da diverse discipline e dai diversi stakeholder è possibile avere il corretto quadro d’insieme. È inoltre fondamentale che le attività scientifiche vengano disseminate ed integrate per la gestione dell’ambiente marino costiero dai diversi policy-maker e stakeholder, come anche che vengano adeguatamente divulgati”.

Cosa emerge dal monitoraggio e dal campionamenti sulle spiaggia italiane?
I dati raccolti per il progetto sono ancora preliminari. Tuttavia è possibile già affermare che i polimeri plastici rappresentano la maggior parte dei rifiuti riscontrati sulle spiagge. La presenza di alcune particolari tipologie può far supporre come la maggior parte dei rifiuti derivino dalle attività ricreative che si svolgono lungo le coste, assieme alla pesca e all'acquacoltura”.

Quali sono i primi risultati emersi dallo scambio di buone pratiche ed esperienze tra le istituzioni locali, a livello mediterraneo?
Dagli scambi è emerso come, sebbene la problematica sia comune per tutto il bacino del Mediterraneo, non tutte le buone pratiche possono essere attuate nelle diverse aree. Questo dipende principalmente delle diverse situazioni socio-politiche, leggi nazionali vigenti negli stati che si affacciano sul bacino di riferimento e dalle infrastrutture presenti (per esempio, gli impianti di riciclaggio)”.

Quali aspettative avete dal progetto?
COMMON è uno dei primi progetti che affronta la problematica del marine litter mettendo assieme paesi del nord e del sud del Mediterraneo. I partner dell’iniziativa svilupperanno protocolli di monitoraggio e buone pratiche condivise. Questa tipologia di approccio integrato e multi-stakeholder permetterà di ottenere informazioni condivise fondamentali per comprendere una problematica così complessa ed attuare le migliori misure di mitigazione”.

Nel contesto nazionale ed internazionale della ricerca e della didattica delle Scienze Ambientali, l’Università di Siena può vantare un trentennio di esperienze e di importanti risultati: tale professionalità è da considerarsi un valore aggiunto al partenariato del progetto finanziato dal Programma ENI CBC MED, guidato da Legambiente onlus (Lead applicant). Da menzionare nella cordata, c’è anche un terzo partner italiano, CIHEAMBari (Puglia).

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